pornoestetica

Cosa fa di un esperienza pornografica un esperienza estetica?
E’ un discorso che si compie dentro il fruitore, a prescindere che ne sia consapevole o meno. Nel momento in cui riesce a coglierlo, diventandone consapevole la sua esperienza estetica prende inizio. Ora, che al porno hanno accesso tutti, in maniera estremamente semplice e diretta, si sono ampliati i generi e le offerte, così come le possibilità di produrselo da se ha creato un nuovo aspetto estetico, l’autonarrazione erotica. Parlare di ciò che ci piace, fino a farlo vedere col nostro stesso corpo. E’ come essere sia fuori dal quadro che dentro, e talvolta, per chi si impegna, si crea anche la terza realtà, quella dell’autore, col gusto e l’intenzione di far vedere in un certo modo. Cambia qualcosa? Si.
Come nel cinema così nella fotografia tutti potete notare quanto cambiano i toni con cui si può mostrare la stessa cosa. E’ anche vero che la maggior parte di voi è talmente incasinata nella sua realtà psicosessuale che basta poco per mandarvi nel pallone. Oppure nella maggioranza dei casi il sopravvento lo prende l’attenzione alla propria necessità eiaculativa, Dante insegna: “…più dell’amore poté la fame”. Facciamo finta che non siate morti di fame, che un immagine di fica non sia come un miraggio d’acqua in un deserto, a quel punto potreste perfino fare attenzione a cosa vi succede dentro oltre alla famelica disperazione che vi fa sbavare. Certo che non potete immaginarlo, non conoscendo altro che deserti aridi… Quindi lo farà io per voi. facciamo mente locale, partendo dalla base.
Sbavare, vedere un immagine che vi fa sbavare già vi dice molto, anzi, moltissimo di voi.
Per “sbavare” intendo quell’agitazione che fa da preludio a un desiderio accecante, che vi annebbia un poco, tanto da cambiare momentanemente i vostri schemi comportamentali. Con fenomeni del tipo, aumento dell’aggressività, incrementato con un improvvisa familiarità ingiustificata, difficoltà a tenere presente il contesto o qualunque altro connotato sociale strutturato. Diciamolo, si crea un certo scompenso, figuriamoci fruire dell’esperienza estetica, eppure… Un esempio lampante è nei luoghi di aggregazione virtuale a scopo videoludico, dove le persone si manifestano solo come avatar, con stesso scopo e stesso background di partenza. La differenziazione di genere è un’opzione, data solo da nomi o tratti standard dell’avatar, quindi è tutto fortemente simbolico, eppure chiunque può raccontarvi quanto cambia essere percepite femmine da colleghi videogiocatori maschi. Non credo che è necessario alla sopravvivenza della specie un tale caos mentale in prossimità della fica. penso piuttosto che sia una conseguenza dell’attrito che la fica è in grado di generare nei nostri regimi di convivenza. Sbavare, quindi, è come il motto di spirito per Sigmund Freud, una breccia di sfogo che si apre nel complesso sistema di compressione del’energia pulsionale. Un forte desiderio, un energia congenita alla vita, che a tenerla a bada ci fa spendere un sacco di energie, tanto che anche uno sbotto sia pure in qualche modo codificato è pur sempre un sollievo. Codificato, si perché se ci fate caso i modi per “sbavare” sono sempre gli stessi. I pensieri che si sprigionano sono sempre gli stessi, si differenziano per estrazione sociale, per momento storico o per genere, nella forma ma come contenuti ricorrono. Nello sbavare quindi cogliamo innanzitutto le paure che come sfingi guardiane  sparano siluri a chi mette alla prova il suo coraggio. I pensieri sono spesso luoghi comuni di diffusione internazionale con radici oramai millenarie. Le persone li confondono per esperienze dirette dei genitori, perché i genitori in primis glieli hanno trasmessi, nel contempo li prendono per realtà oggettive e congenite al mondo, come la forza di gravità, eppure basterebbe aprire un libro qualunque di storia delle superiori per farsi venire un piccolo dubbio.
Sbavare, non è solo un meccanismo ma una rivelazione. Un uomo che perde se stesso al cospetto di un altro, un uomo che è costretto a convivere con una doppiezza di se che sia pur leggendaria rimane un esperienza difficilmente accettabile se si pensa alla natura così com’è. La natura non si nasconde a primavera, la natura  non giudica se stessa come facciamo noi. Ecco, l’inevitabile risvolto sembra essere l’abbandonarsi al caos, nel quale poter trovare orrore e disumanità. In molti temono che seguire la scia di sbava li porti a cose che ritengono atroci e percepite tutte più o meno sullo stesso piano di gravità, come l’omicidio, la pedofilia, la zoofilia, la coprofagia, il tradimento, l’incesto, l’anarchia, la merdita della rispettabilità, lo stupro e via dicendo si potrebbe arrivare all’incotrare satana in persona. Sbavare quindi signivica aprire un vaso di pandora dal quale emerge un istintuale impulso d’arrapamento attraverso il quale noi ci affacciamo sul baratro della nostra stessa paura.
Quindi i primi due parametri della pornoestetica potrebbero essere il “fattore sbava” che potremmo chiamare “grado d’arrapamento” e il “inquetantezza delle paure che evoca” nonchè “inclinazione all’orrido” dove per orrido intendiamo proprio il baratro.
Riguardo l’inclinazione all’orrido di un esposizione pornoestetica siamo nel campo delle infinite possibilità. Nell’orrido vi abitano mostri di tutti i tipi, legati a immaginari collettivi come a eventi traumatici o educativi. C’è gente che ritiene la sola vista di un piede nudo qualcosa di più che indecente, perfino spaventoso, idagando nella sua infanzia di certo non mancheranno ricordi più o meno remoti che sanno bene spiegare come sia possibile che una parte del corpo possa destare tanto disagio. Una parte del corpo da cui non sarebbe piacevole ne utile staccarsi eppure che è portatrice di sensazioni sgradevoli, è come avere il nemico in casa, così profondamente da avercelo nella carne, in realtà, sotto questo punto di vista, siamo noi il nostro nemico. Quando ero ragazzina mia madre mi raccontò che, le suore che si occuparono per un lungo periodo di impartirle un educazione, le avevano imposto, a suon di minacce e qualche scapaccione di avere vergogna del proprio sorriso. Le avevano spiegato che sorridere era un gesto che andava sfoggiato in poche situazioni codificate e selezionate, ma era inequivocabilmente indecente se nel farlo si mostravano i denti, la sconcezza della bocca. Non ho mai visto mia madre disinvolta nel sorridere, probabilmente si è sempre chiesta se fosse il momento giusto e in fondo c’era l’irrazionale sospetto su quanto fossero orridi i suoi denti, che per inciso, sono di un’aspetto più che canonico. Uno poi, al cospetto di un educazione, sviluppa dei quesiti e si da delle risposte, a volte anche strampalate, strampalate, infantili, inrazionali, sono questi i volti dei mostri che ci accolgono al primo impatto. Poi nell’orrido si può scivolare più giù, man mano che si scende le tematiche si fanno più profonde, complesse e inquietanti. Con la pornoestetica tutto ciò è materiale narrativo, espressione del profondo più o meno consapevole. A volte mi viene chiesto se tutto il porno ha una sua estetica, la mia risposta è si, quindi l’obiezione che mi viene fatta è che la maggior parte del materiale prodotto non ha coscienza di alcun risvolto interiore se non l’attivazione meccanica dell’impulso masturbatorio. E’ vero, ma come in letteratura la fruizione di un testo come letterario è data dal contesto che determina una condizione mentale tale che, così anche nella fruizione della bellezza in genere l’atteggiamento del fruitore è il vero luogo in cui si sta avviando un discorso estetico. Ho passato l’infanzia a desumere dal panorama della terra natale di mio padre i criteri basilari di cosa è talmente bello da spaccarmi il cuore o illuminarmi la mente. La terra era rossa per il sangue versatogli sopra, il mare era blu per lasciarmi perdere il senno ad ogni tuffo, il sole all’alba era un buco nel tempo. Eppure era sempre mare, sempre sole e sempre terra. Ma ancora più evidente è che le persone non riconoscono come esperienza informativa l’incontro con la propria parte oscura, ne riconoscono alla loro sessualità una dignità tale da annoverarla nelle realatà esistenziali iscritte nella sfera culturale. Del sesso non si fa cultura, ma solo sfogo. Il sesso sta perfino oltre la morte e la malattia nell’elenco di temi da evitare. Siete davvero convinti che non ci sia nulla da dire ne da notare in una scena d’amplesso, solo meccanica di impulsi animaleschi, alla quale dobbiamo arrenderci per il tempo necessario a spurgare o procreare. Una persona ragionevole non può che notare che questo discorso regge con gli stessi paramentri delle superstizioni e delle religioni, non ha alcuna base logica se non che tutti si comportano come se fosse davvero così. Questo basti pensare a quanta differenza c’è tra il mangiare e lo scopare, o il parlare e lo scopare, nessuna. E’ un bisogno primario e nel contempo un inevitabile istinto alla relazione interpersonale e col mondo. Si scopa ne più e ne meno di quanto si parla e si mangia.  

ATTENZIONE!

Questo sito contiene immagini di nudo e di sessualità esplicita. Sei hai meno di 18 anni e/o questo tipo di materiale ti turba, vai altrove.